Non (solo) per se stessi, ma per gli altri

Che si rispetti il prossimo, prima di citare Platone

Occorre andare dritti al punto. Una domanda difficile: qual è il compito della scuola? In molti, di getto e senza riflessioni ponderate, risponderebbero subito “istruire”; soltanto in pochi, aggiungerebbero anche il verbo “educare”. Un altro manipolo di persone, invece (puntigliose e attente), un misero puntino in mezzo a un gigantesco insieme, addirittura considererebbe la seconda mission dell’istituzione scolastica forse più importante della prima. Troppo azzardato? No.

EDUCARE, MA QUANDO?

Tuttavia, la vera nota importante, per questa tematica, è quella del fattore tempo: il vero problema è “quando”. Considerando il numero di discipline previste dagli ordinamenti e le poche ore disponibili per ciascuna di loro, cui si aggiunge l’estrema eterogeneità degli alunni e dei loro stili di apprendimento in una scuola che deve essere “per tutti”, ma che ha anche l’obbligo di dare risposte ai bisogni di “ciascuno”, l’ampio tema dell’educazione (alla cittadinanza, alla convivenza civile, alla salute, all’affettività, ecc.) trova spazio nelle indicazioni nazionali, ma non sempre nell’organizzazione scolastica, non fruendo né di un monte ore esplicitamente dedicato, né di un docente responsabile.

Paradossalmente, sembra quasi che un ragazzino si trovi ad apprendere di più da un becero commercial televisivo, studiato per vendere e sensibilizzare l’acquirente (all’acquisto, piuttosto che al comportamento eticamente corretto), che da un paio d’ore passate sui banchi di scuola: quel paio d’ore che i giovani nemmeno considerano, e alle quali molto spesso attribuiscono l’appellativo “di buco”, da decenni sinonimo di leggerezza e spensieratezza, oltre che distacco dalle materie istituzionalmente considerate “più importanti”.

FARLO: MA PERCHÉ?

Quello che passa in tv non è sempre da ritenere “educativo”. È provato infatti che i mass media (web e televisione in particolare), forti di una potenza incontrollabile di penetrazione nella mente dei ragazzi, spesso veicolano modelli di comportamento che la scuola non riesce a contrastare. Come risultato, la stampa ci rimanda continuamente notizie su episodi di bullismo, violenza, intolleranza nei confronti della diversità, atti di teppismo e di vandalismo. Quotidianamente gli insegnanti si misurano con la mancanza di motivazione ad apprendere e con i comportamenti socialmente problematici dei loro alunni, che rendono difficile costruire il clima d’aula necessario alla crescita culturale e civile dei ragazzi.

Si tratta di una vera e propria emergenza educativa, che andrebbe affrontata ricostituendo quell’alleanza scuola-famiglia che in questi ultimi anni si è fortemente indebolita, arrivando a volte a trasformarsi in conflitto. Peraltro, in un mondo divenuto globale e multiculturale, che ha assistito alla caduta delle ideologie, al logoramento del ruolo delle famiglie e delle altre strutture aggregative (parrocchie, associazioni, partiti, ecc.) l‘educazione alla convivenza civile e democratica, fondata su valori universali, sul rispetto di sé e degli altri, non può non essere una priorità istituzionalmente riconosciuta per i sistemi di istruzione.

LORO COSA FANNO?

A proposito di globale: cosa dire riguardo all’Europa? Volgendo lo sguardo verso l’ultimo rapporto Euryridce “Citizenship Education at School in Europe 2018”, che offre un quadro comparativo dei diversi approcci all’educazione alla cittadinanza presenti nel vecchio continente, i riflettori vanno puntati sul fatto che l’educazione civica è presente praticamente ovunque come materia obbligatoria, sebbene non necessariamente a tutti i livelli di istruzione. Collocazione che varia da paese a paese. Tre le modalità principali con cui viene insegnata: disciplina separata, integrata in discipline più ampie o in aree di apprendimento come le scienze sociali o gli studi linguistici, oppure come insegnamento cross-curricolare (trattato da più insegnanti).

MODI DIVERSI, STESSI OBIETTIVI

In che modo vengono però distribuiti questi modelli tra i vari paesi? La maggior parte dei sistemi educativi adotta gli ultimi due approcci e, oltre 30 dei 42 sistemi educativi esaminati, utilizzano uno di questi a tutti i livelli dell’istruzione generale. Sono solo 20 quelli offrenti discipline obbligatorie, con differenze sostanziali tra loro relativamente alla durata dell’offerta. Differenze nel modo di educare alla cittadinanza si possono riscontrare anche a seconda del tipo d’indirizzo scolastico (superiore). In alcuni contesti, nell’istruzione e nella formazione professionale, il ruolo dell’educazione civica è piuttosto limitato. In genere, infatti, gli studenti che frequentano questi percorsi hanno un numero inferiore di discipline che integrano temi di educazione; e ci sono anche casi in cui tali insegnamenti non rientrano nemmeno nei piani didattici dei singoli indirizzi.

LA TEORIA NON È TUTTO

Non solo lezione in aula. In molte nazioni nel “pacchetto” sull’educazione civica rientrano anche attività extracurricolari. Importanti perché consentono agli alunni di scegliere forme nuove per imparare le regole di cittadinanza: con lo sport, con la politica, con il volontariato, con attività a tutela dell’ambiente, dell’arte o della cultura. In Europa, sono 29 i Paesi che offrono esperienze del genere, soprattutto alle scuole medie e superiori.

VALUTAZIONI

Infine un accenno all’accertamento delle competenze acquisite, alla verifica sullo stato di maturità civica delle nuove generazioni. Cambiano le cose: perché è vero che in 26 sistemi educativi sono previste linee guida nazionali per la valutazione in classe, ma solo 4 Stati, tra quelli analizzati, hanno introdotto esami di valutazione obbligatori (con questionari standardizzati). Sono Francia, Lettonia, Polonia, Svezia (fino allo scorso anno nel club ristretto c’era anche l’Irlanda). E gli altri? Ben 17 sistemi educativi organizzano una qualche forma di valutazione nazionale nelle discipline (separate) che trattano o che includono una qualche forma di educazione alla cittadinanza. Verifica che invece altrove, Italia compresa, rimane opzionale.

di Riccardo Graziani