Oggi, 13 novembre 2019, è la Giornata Mondiale della Gentilezza.
Oggi, a Roma, come in tante altre capitali delle nazioni di questo pianeta, soltanto una persona su dieci se ne ricorderà. Sempre oggi, quell’unica eccezione mal percepita dalla solita marmaglia urbana fatta di fantasmi saturi d’egoismo e d’odio, subirà nuovamente il peso della solitudine.
Che cosa dovrebbe (o vorrebbe) rappresentare un animo caritatevole e rispettoso, in una ennesima e ripetitiva mattinata autunnale? Probabilmente nulla, perché gli animi caritatevoli e rispettosi è proprio il nulla che cercano di rappresentare. Che si badi bene, tuttavia, all’accezione di questo termine: il nulla, inteso come quanto di più naturale e discreto esista nel mondo. Un animo caritatevole e rispettoso rappresenta il nulla, nella misura in cui il nulla rappresenta i gesti buoni, quelli «che evitano le guerre» e che contano più d’ogni altra cosa. Così dicendo, allora, non si vuol forse intendere che a valere più di tutto sono le azioni gentili?
Che ognuno cerchi la propria risposta, ma è doveroso specificare che, nel caso in cui questa non sia positiva, noi cittadini, noi membri delle società e gran consumatori, noi cercatori di interazioni e divoratori di relazioni, noi falliremmo.
Definire la gentilezza potrebbe essere semplice: basterebbe soltanto utilizzare una giusta chiave di lettura, che includa il benessere della grande comunità in cui ci troviamo a instaurare rapporti e che non ci faccia vedere l’ostilità nella sua forma grezza. Si capisce, questa chiave è difficile trovarla, specialmente adesso che violenza e strafottenza hanno reso il contenitore in cui cercarla gradualmente più anarchico e ignorante, in cui la «giustizia privata» è la prima soluzione utile e allo stesso tempo l’unica a palesarsi nelle teste del maggior numero di donne e uomini.
Eppure, la forza della timida eccezione delle prime righe, risiede proprio in questo: andare controcorrente e pensare ad altre soluzioni. Dialogo, comprensione, attenzione e ascolto non sono buoni propositi per il nuovo anno: sono azioni fondamentali per far sì che un nuovo anno ci sia.
No, la prossima cosa da scrivere non sarà «bisogna essere gentili tutti i giorni». Faremmo una gaffe imbarazzante se tirassimo in ballo frasi fatte, perché sono proprio le mal interpretazioni di queste a costituire linfa vitale per chi della connessione con gli altri, degli sguardi educati e della vicinanza d’animo, se ne frega guardando altrove. Perché, dunque, fornirgli materiale di consultazione?
No. Oggi non dovete compiere alcun gesto ipocrita. Non stringete mani che non vorreste stringere, non date pacche su spalle che non vorreste toccare, non concedete sorrisi a chi vi rimane indifferente; piuttosto, passate il tempo a meditare su cosa potrebbe cambiare queste convinzioni e cosa potrebbe gratificarvi, poi agite di conseguenza. Non c’è bisogno di ostentare: un passo alla volta. D’altronde siamo tutti esseri umani. La gentilezza non può essere scissa dal sentimento: se è quest’ultimo a venir meno, necessariamente mancherà anch’essa; ma parlare di gentilezza, soprattutto, vuol dir parlare di tolleranza, quel fattore innato e sviluppabile in ognuno di noi, che sembra essere stato dimenticato, e sulla cui intangibile presenza non si può transigere.
Questo mercoledì allora, per la Giornata Mondiale della Gentilezza, celebriamo un giorno come gli altri, che per fortuna ancora conta tra le sue carte le persone gentili: questo mercoledì celebriamo loro, che alle pacche sulle spalle con lo sguardo fisso sugli occhi dell’altro, ci credono davvero.