Intervista a Drusilla Gucci. Sabato 21 maggio 2022 al Salone del Libro di Torino.

Drusilla Gucci scrittrice: a un passo dall’uscita del suo primo romanzo, presenta Lilith & Abrham al Salone del Libro di Torino il 21 maggio 2022

primo romanzo di una trilogia già scritta, tinta di horror, thriller e ricerca di sè.
prefazione a cura di alessandro cecchi paone

Lilith & Abrham - Le origini | Curcio Store


 

Lilith & Abrham, primo romanzo di Drusilla Gucci, edito Risfoglia, primo di una trilogia psyco-thriller molto vicina al weird di Thomas Ligotti, sarà presentato il 21 maggio al Salone del Libro di Torino. Il firmacopie TraLeRighe ospiterà la giovanissima modella e influencer che, grazie a una passione coltivata negli anni all’oscuro da qualsiasi telecamera, si è recentemente calata nei panni di scrittrice – e in modo più che magistrale. Un romanzo davvero inaspettato: unendo i generi più disparati del dark e dell’horror, richiamando tinte rosso sangue e lasciandosi contaminare – nel senso più positivo del termine – da scrittrici e scrittori di tutto punto del panorama letterario (tra cui Shirley Jackson, Alejandra Pizarnik e Jeff Vandermeer), Drusilla Gucci esprime quella complessità dell’animo umano con una penna raffinata, lasciando il lettore in punta di piedi alla fine di ogni capitolo. 


Drusilla Gucci autrice del libro "Lilith & Abrham - Le origini" - INTERVISTA


La trama, d’altronde, lascia la curiosità in bocca:

«In una Romania di fine Ottocento si intrecciano i destini di Niloufar e Mihai, tra i quali sboccia un amore pericoloso e travolgente che li condurrà nel cuore del castello di Mihai, pullulante di personaggi grotteschi: una prigione estraniante, che conduce alla psicosi e all’atrocità. Attraverso le figure mistiche della tradizione romena, dove la misteriosa foresta di Hoia Baciu tende braccia ingorde, il velo sottile che separa Niloufar dalla follia si farà sempre più impalpabile e un profetico filo rosso influenzerà i destini dei suoi stessi figli, Lilith e Abrham, infettati dalla pazzia della madre. Un intreccio narrativo multigenerazionale che apre a un genere inedito e singolare, tinto di violenza, sangue e depravazione».


Abbiamo intervistato Drusilla e le abbiamo chiesto tutto ciò che un lettore appassionato vorrebbe sapere.

 

Come sei arrivata alla passione per la letteratura?

Mio padre è stato il mio primo esempio, essendo un grandissimo lettore. Sono cresciuta in una casa in campagna stracolma di libri: ricordo questa libreria immensa con copertine meravigliose che mi richiamavano continuamente l’attenzione. E poi c’era ovviamente mia madre: mi regalava sempre dei libriccini che sfogliavo con grande curiosità, tanto che li trascinavo con me ovunque andassi. Viaggiavamo spesso e i miei genitori sono stati spesso costretti a pagare il surplus per i libri.

Quanto ti ha ispirato la tua casa nella descrizione delle ambientazioni del libro?

Particolarmente. Vivo in una casa dell’anno 1000 che sta letteralmente in bocca a una foresta: enorme, gigantesca, dall’atmosfera lugubre e davvero poco illuminata. Inoltre, appassionata come sono di fiori e di piante, ho fatto anche un Master in Garden Design (cosa che sicuramente la accomuna a Niloufar). Casa mia e il castello di Mihai, potremmo dire, è sia una location fisica, sia una location mentale: è simbolo e metafora che le vive dentro, in ogni suo angolo più buio…

A chi ti sei ispirata nello scrivere le figure di Lilith, Abrham, Niloufar e Mihai?

Sicuramente Mihai e Niloufar sono più che altro funzionali al libro: ho voluto dare un background per spiegare perché i protagonisti sono arrivati dove sono arrivati, ovvero padroni di un castello tetro eppure ricco di meraviglia. Lilith e Abrham, invece, sono nati dentro di me, come un seme che ha messo radici… come se ci fossero stati da sempre: rappresentano un accumulo di esperienze vissute che hanno rivendicato la loro voce. Sono le voci soppresse che ognuno ha dentro di sé, sono i demoni e mostri che per una volta prendono aria e parlano, riuscendo finalmente a esprimersi in un mondo che li lascia parlare, dove possono esistere. Sono forse degli archetipi. D’altronde io sono influenzata da qualsiasi cosa e neanche me ne rendo conto, spesso. Sono molto recettiva e assorbo moltissimo dalle persone. Credo che mi possa aver davvero influenzato chiunque e allo stesso tempo nessuno.

Parliamo della foresta: raccontami di questa idea e di questo luogo misterioso. Credi che possa essere una metafora per un viaggio alla ricerca del sé? (o altro?)

La foresta rappresenta una prigione-rifugio di passaggio, un ponte tra il reale e l’irreale. Culla di istinti basici: entrando ti spogli del tuo corpo d’uomo e ritorni alla tua  vera natura, in un abbandono delle strutture. Non è un caso se Niloufar, che si sente ingabbiata, scappa e va nella foresta. Per lei rappresenta liberazione, speranza, ricerca se stessa… e di qualcosa che non c’è: la speranza (come la natura matrigna di Leopardi) la illude, aizza le sue follie, le fa credere che ci sia altro per lei, là fuori, ma in realtà ciò che le aspetta sono solo follia e disperazione. La foresta quindi è una sorta di calderone primordiale, dove paure, ombre e speranza gorgogliano all’unisono; per questo è un luogo positivo nel suo essere negativo: come tutto della vita, bisogna cercare di non farsi inghiottire. Credo che alla fine sia un posto illusorio dentro ognuno di noi: fatto di specchi, di ingannano. Irresistibile, impossibile da evitare… ma se non sai orientarti potresti perdere molti di più di te stesso.

È un romanzo piuttosto… crudo: l’utilizzo della violenza è un mezzo per definire qualche tipo di morale e/o di significato di vita o credi che sia proprio la sua atroce assenza di motivazione a essere il motore emotivo del testo? In sostanza: violenza =…?

Lilith è affetta dal torpore e dall’apatia, vive a stato zero e l’unico modo per tendere il potere e sentirsi viva è attraverso la violenza. Per lei è affascinante perché è l’unica cosa che rompe il meccanismo della sua esistenza e la fa vivere nel mondo circostante. Non credo ci sia una vera e propria morale. È un’esigenza, la violenza: la morte fa sentire Lilith più viva e più concreta, in una sorta di  affermazione del sé, che altrimenti è corroso dalla frustrazione e dalla mancanza di senso. E non dimentichiamo che è una violenza che nasce dalla rabbia, dall’infanzia, dall’assenza d’amore, dai soprusi, dalla freddezza. Da qui, c’è l’esigenza di libertà: libertà anche di essere spietati. Insomma, non è che per forza uno deve essere buono sempre, soprattutto viste le circostanze.

Qual è il messaggio che ti aspetti che un lettore ricavi dal tuo romanzo?

Non ho la pretesa di insegnare nulla. Né tantomeno dare una morale, o un messaggio. Forse è proprio questa la grande forza del libro: lascio libero ogni lettore di trovarla lui, se proprio ci tiene, una morale, un significato ultimo. In un mondo dove tutto deve avere una linea d’orientamento, una spiegazione, un’etichetta, ho voluto scrivere qualcosa di controcorrente, che sapesse mettere in luce le assurde pretese che l’uomo medio ha sulla vita. Qui, in questo mondo schietto e privo di fronzoli sociali, la giustizia non esiste, il politically correct è bandito e del perbenismo dilagante di questo secolo non c’è neanche l’ombra. È un brivido di ribellione.

Chi è il tuo fan numero uno?

Senza alcun dubbio: i miei genitori. 

Drusilla Gucci e i suoi ribelli protagonisti vi aspettano al salone del libro sabato 21 maggio al Salone del Libro di Torino, firmacopie TraLeRighe: non mancate.

Ordina la tua copia, in uscita ufficiale il 19 maggio, a questo link.