Vent’anni fa: la strage di Firenze su quella Fiat Fiorino.

Ventinove anni fa, la Mafia ha colpito ancora una volta

 

a cura di Sara Girimonte

 

Lontano dal Sud Italia, a Firenze, in un’antica via del centro storico, ai piedi della Torre del Pulci. La notte tra il 26 e il 27 maggio scoppia un’autobomba. L’auto, un Fiat Fiorino contenente più di duecento chili di un mix di esplosivi, scoppia provocando il crollo della Torre, sede dell’Accademia dei Georgofili, e la devastazione del tessuto urbano del centro storico, con un impatto che «bellico», mai visto prima.

 

Sette i morti e quarantasette i feriti, per non parlare delle numerose famiglie rimaste senza un tetto sopra la testa. Oltre alle persone, anche alcune bellezze architettoniche, come Palazzo Vecchio, la Chiesa di S. Stefano e Cecilia e il complesso artistico monumentale della Galleria degli Uffizi, subirono gravissimi danni: persi per sempre capolavori e preziosi documenti, nonché il 25% delle opere presenti in Galleria.

L’ipotesi di un attentato organizzato prende corpo fin dal giorno successivo, quando i vigili individuano il cratere: 3 metri di diametro e 2 di profondità. Altrettanto rapidamente si scopre che la Fiat Fiorino era stata rubata a Firenze, in via della Scala, non molti giorni prima dell’attentato e «riempita con esplosivi a Prato». In breve tempo, gli inquirenti individuano negli uomini dell’organizzazione mafiosa Cosa Nostra gli esecutori materiali della strage.
Dopo un lungo processo, vengono condannati a 15 ergastoli, definitivamente attribuiti dalla Cassazione il 6 maggio 2002.
Dieci anni, però, non sono stati sufficienti per scoprire l’identità del mandante di questa strage, né di chi ne era a conoscenza e non ha fatto nulla per fermarla perché i suoi interessi coincidevano con quelli della Mafia.


 

La Mafia continua ancora oggi a “governare” silenziosamente non solo il Sud Italia, ma anche il resto del Paese e può assumere varie forme: ai proprietari dei negozi viene chiesto il “pizzo”, una percentuale che deve essere pagata alla Mafia, ‘Ndrangheta o Camorra. Ancora oggi, alcune persone vengono uccise perché vi si oppongono, perché lottano contro la violenza e l’illegalità, colonne portanti di queste organizzazioni criminali.

Ne hanno parlato bene gli stessi Falcone e Borsellino, che persero la vita in stragi di cui tutti, purtroppo, conosciamo il nome e che oggi ancora parlano attraverso le testimonianze di colleghi, amici, parenti e opere che portano il loro nome. Falcone e Borsellino. Storia di amicizia e coraggio, un volume a cura di Fabio Iadeluca, con illustrazioni di Filippo Barbacini e prefazione dell’onorevole Rosy Bindi, riporta ancora una volta le parole coraggiose dei nostri eroi:

«Gli uomini passano, le idee restano.
Restano le loro tensioni morali
e continueranno a camminare
sulle gambe di altri uomini».

Giovanni Falcone