Coscienza sociale: un futuro

Coscienza sociale

L’ideale di perfezione è sempre di fronte a noi, che sia di centimetri o kilometri, rimane sempre lì. Avere questa visione ci lascia poche alternative: ponendo il concetto davanti, ogni accadimento che attende la sua concretizzazione, non potrà che essere peggiore. Di base, quindi, porre la perfezione di fronte a noi risulta palesarsi come un’utopia. Le basi per il proseguo dell’argomentazione non sono certo delle migliori (o almeno così sembrerebbe), ma proprio per questo dovrebbero essere percepite come stimoli, così che questa rincorsa verso “l’isola che non c’è” non abbia questo alto livello di tragedia nella sua struttura.

AVERE COSCIENZA: UN’ARMA

Come declinare dunque questo fugace pensiero, nel più ampio e difficile tema del “vivere in società”? È fuori dubbio che, per non incappare nel più estremo dei finali – che si può immaginare come una guerra tra nazioni, o ancor peggio etnie, dettata dalla non accettazione delle comunità – occorra necessariamente selezionare una serie di elementi, da considerarsi di importanza vitale, che dovranno guadagnarsi un posto di diritto all’interno della nostra cartucciera. La “coscienza sociale”, ovvero ciò che si tiene dentro, l’insieme delle consapevolezze interiori rispetto alla società, presenti nelle persone tra tutte, costituirà l’arma fondamentale, quella da cui non si potrà prescindere, per la difesa contro un’avvenire impervio.

MANCANZA DI ALTERNATIVE

A rendere la visione del mondo liberale nettamente diversa dalle altre ideologie è il suo non interrogarsi, il suo arrendersi a ciò che viene vista come logica implacabile e irreversibile della realtà sociale: non esistono alternative. Sono da sempre in molti, Zygmunt Bauman per citarne uno, a sostenere come la cultura abbia effettivamente perso un ruolo critico nei confronti della società e di come, appunto, non esistano più dibattiti in relazione a tematiche rilevanti e utili. Procedendo in questa direzione, dunque, sembrerebbe che gli accadimenti peggiori di cui si argomentava qualche rigo sopra, non possano che assumere una connotazione ancor più negativa rispetto a quella preventivata.

RICOSTRUIRE

Ecco la motivazione che coinvolge la coscienza sociale, dunque. Prendere atto di quello che è il nostro ruolo attivo all’interno della grande decadenza societaria attuale, porterà a cambiamenti. Non considerarci come individualità asettiche e disconnesse, ma anzi come il totale contrario farà sì che il fattore empatico (sopito o meno) in ogni cittadino faccia il suo corso. Oggi come in passato, nello stato leggero della modernità, l’individualizzazione non è una scelta, ma una conseguenza. Non si pensa più in maniera esclusiva al benessere comune, ma a quello proprio. Conseguentemente, dunque, la traduzione sul piano dei rapporti interpersonali risulta sfociare in episodi di mancato rispetto, di incomprensione, di intolleranza e, mai come in questi tempi, di odio.

Dove ripartire allora per la ricostruzione di un grande contenitore, più ordinato e tollerante, in cui poter sopravvivere armonicamente? Originariamente la società moderna era basata sulla fiducia: quella in se stessi, quella nella solidità delle istituzioni, quella sugli altri. Queste tre tipologie, al giorno d’oggi vengono immancabilmente meno, facendo sì che la transitorietà sostituisca la durevolezza; in altre parole, non confidare in chi ci governa o in chi, più semplicemente ci sta intorno, porta a un tipo di egoismo che non lascia spazio ai progetti a lungo termine, che non lascia spazio al futuro. È su questo fatto, dunque, che si dovrà apporre una bandierina di segnalazione: l’educazione al rispetto, l’acquisizione di una coscienza sociale critica e attiva, dovrà avere il suo nuovo inizio con la consapevolezza che ci sarà un futuro, comune e condiviso. Un futuro nel quale potersi riconoscere.